Come contrastare le infiammazioni nell’organismo? Ecco quanto sono realmente pericolose!

Pubblicato: Dicembre 13, 2023
Dr. Wolfgang Bachmann
Dr. Wolfgang Bachmann

Medico di base

Molte persone si pongono la domanda: "Come posso vivere a lungo e, soprattutto, in modo sano e felice?". Oggi sappiamo che il segreto non sta solo in un atteggiamento positivo. Al contrario, studi e ricerche hanno dimostrato chiaramente che uno dei maggiori fattori di invecchiamento è rappresentato dalle infiammazioni!

Ma cos’è un’infiammazione e come si scatena?

Come si possono trattare efficacemente le infiammazioni e come ci si può proteggere da esse?

Di seguito trovi le risposte a questi interrogativi!

Contenuti

Che cos’è un’infiammazione?

L’infiammazione è un processo patologico insidioso che ha luogo in tutti i tessuti e gli organi e accelera il decadimento dell’organismo.

La maggior parte delle malattie che notoriamente esercitano un forte impatto sull’invecchiamento del nostro corpo sono quelle che presentano una componente legata ad un’infiammazione. Tra le altre, si annoverano il cancro, le cardiopatie, l’artrite, l’arteriosclerosi, l’Alzheimer e il diabete. Si tratta di patologie infiammatorie dell’organismo.

Infiammazioni dell’organismoCome si scatena un’infiammazione?

Le infiammazioni possono essere innescate da diversi fattori:

  • allergie
  • parassiti
  • sostanze non digeribili
  • inquinanti chimici
  • stress causato da campi elettromagnetici
  • microbi (soprattutto nel caso di infezioni croniche nascoste)
  • altri fattori

Ma ciò di cui molti non sono a conoscenza è che proprio il cibo costituisce una delle cause più comuni alla base dell’insorgere di un’infiammazione. Peraltro, tale fenomeno interessa il 90% della popolazione, sebbene gli effetti siano variabili.

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Che cos’è una dieta antinfiammatoria? 

Il motivo per cui la comunità medica ritiene che l’alimentazione antinfiammatoria sia troppo complessa da comprendere sta nella difficoltà di capire appieno le risposte antinfiammatorie del corpo.

In un certo senso, l’infiammazione si svolge in due fasi:

  • in primo luogo, lo sviluppo dell’infiammazione
  • in secondo luogo, la sua risoluzione

Se le due fasi infiammatorie in qualche modo non coincidono, si verifica un’infiammazione cronica e debole che non viene percepita attraverso dolore.

Questo tipo di infiammazione (cellulare) causa, tra le altre cose, un aumento di peso, lo sviluppo precoce di malattie croniche e un invecchiamento più rapido.

L’obiettivo della medicina moderna non dovrebbe essere quello di curare i sintomi delle malattie croniche, ma di affrontarne la causa reale: l’aumento dell’infiammazione cellulare.

L’alimentazione antinfiammatoria si basa sul concetto secondo cui una certa dieta possa alterare l’espressione dei nostri geni (il modo in cui vengono espresse le informazioni genetiche), in particolare quelli che controllano l’intero processo infiammatorio.

Esistono tre diverse regimi dietetici che possono essere utilizzati per raggiungere questo obiettivo. Ciascuno di essi offre dei benefici. Tuttavia, se cosniderati congiuntamente e in interazione tra di loro, essi costituiscono un metodo molto efficace per gestire e combattere le infiammazioni cellulari in modo permanente.

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3 regimi alimentari antinfiammatori

Variante 1: dieta antinfiammatoria

Una dieta antinfiammatoria è una dieta che riduce l’insorgenza dell’infiammazione. Tale dieta deve raggiungere contemporaneamente due obiettivi connessi al metabolismo:

1. La stabilizzazione dell’equilibrio insulinico. Ciò si ottiene bilanciando le proteine a basso contenuto di grassi con il cosiddetto carico glicemico (la densità di carboidrati in relazione al livello di zucchero nel sangue) a ogni pasto. Idealmente, ciò richiede lo stabilizzarsi dell’insulina cinque ore dopo il pasto. Questa è la base della dieta antinfiammatoria "a zona".

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2. Il secondo obiettivo è quello di garantire che il contenuto di grassi della dieta sia povero di omega 6 e di acidi grassi saturi, poiché questi possono scatenare reazioni infiammatorie. Nella sezione successiva abbiamo quindi stilato un elenco di alimenti da evitare. 

  • Quali alimenti favoriscono lo sviluppo di infiammazioni?

Non sorprende che gli stessi alimenti che contribuiscono all’insorgenza di un’infiammazione siano generalmente considerati poco salutari.

Gli alimenti a cui si applica questo principio e che quindi dovrebbero essere evitati se si vogliono prevenire le infiammazioni a lungo termine sono:

  • carboidrati raffinati, come pane bianco o dolci, e zucchero
  • patatine e altri cibi fritti
  • bibite e altre bevande zuccherate
  • carne rossa (hamburger, bistecche) e carne lavorata (salsicce, ecc.)
  • margarina, grasso e strutto

"Alcuni alimenti che sono associati a un aumento del rischio di malattie croniche come il diabete di tipo 2 o le malattie cardiache sono anche legati a una eccessiva infiammazione", afferma il dottor Hu, noto medico americano. Ciò non è una sorpresa: dopo tutto, l’infiammazione è il meccanismo nascosto che controlla lo sviluppo di queste malattie.

I cibi poco sani contribuiscono anche all’aumento di peso, che di per sé costituisce un fattore di rischio per le infiammazioni. Già diversi studi hanno confermato il legame intercorrente tra alimentazione e infiammazioni nei casi in cui via obesità, suggerendo che quest’ultima non rappresenti l’unico fattore scatenante.

"Alcuni ingredienti alimentari potrebbero avere effetti propri sulla formazione delle infiammazioni, indipendentemente dall’aumento dell’apporto calorico", prosegue il dottor Hu.

  • Esistono alimenti che combattono le infiammazioni?

Esistono anche degli alimenti che aiutano a contrastare le infiammazione, tra cui: 

  • pomodori
  • olio d’oliva
  • verdure a foglia verde come spinaci e cavoli di vario genere
  • frutta secca come mandorle o noci
  • pesci grassi come salmone, sgombro, tonno o sardine
  • frutta come fragole, mirtilli, ciliegie o arance

Cibi antinfiammatori

Variante 2: alleviare le infiammazioni con quantità elevate di acidi grassi omega 3

Gli acidi grassi Omega 3, come l’EPA e il DHA, sono i "mattoni" molecolari più importanti per la produzione di un gruppo specializzato di ormoni chiamati resolvine. Questi ormoni sono fondamentali per la risoluzione dell’infiammazione. Pertanto, senza un livello adeguato di omega 3 nel sangue, è impossibile produrre la quantità adeguata di resolvine necessaria per riequilibrare l’organismo dopo l’insorgere dell’infiammazione. Se la fase di avvio dell’infiammazione è troppo forte o la sua fase di risoluzione è troppo debole, il risultato è un’infiammazione cellulare cronica.

Per mantenere la produzione di resolvina in un intervallo accettabile, una persona sana ha bisogno di almeno 2,5 g di EPA e DHA al giorno. Le persone affette da malattie croniche, le quali hanno bisogno di EPA e DHA per accelerare la risoluzione dell’infiammazione cellulare, richiedono dosi molto più elevate.

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Variante 3: alte dosi di polifenoli contro le infiammazioni

L’effetto dei polifenoli (sostanze bioattive contenute nelle piante) dipende dal dosaggio. A basse dosi (circa 0,5 g al giorno) sono potenti antiossidanti e possono anche attivare fattori di trascrizione genetici che aumentano la sintesi di enzimi antiossidativi. A dosi elevate (circa 1 g al giorno) attivano fattori di trascrizione antinfiammatori che inibiscono l’insorgere dell’infiammazione. A dosi ancora più elevate (1,5 g al giorno), i polifenoli attivano il gene SIRT1, il quale stimola la produzione la produzione della proteina chinasi attivata da AMP (AMPK). L’AMPK controlla il metabolismo cellulare. I polifenoli possono essere assunti come integratori alimentari e sono contenuti negli estratti di melograno, OPC e gingko.

Altrettanto utili nella lotta contro le infiammazioni:

Estratto di curcuma e capsule di incenso (Boswellia serrata), entrambi noti per il loro effetto antinfiammatorio.

L’ "intervallo dei marcatori" infiammatori - i marcatori clinici di tutte e 3 le varianti e il loro rapporto con le infiammazione

L’area dei marcatori non è un luogo mistico, ma un vero e proprio stato metabolico che può essere misurato con marcatori clinici standardizzati comunemente utilizzati alla Harvard Medical School. L’area è definita dal fatto che tutti e tre i marcatori clinici che la caratterizzano devono trovarsi nell’intervallo corretto.

I marcatori infiammatori sono:

Rapporto TG/HDL: il marcatore della dieta antinfiammatoria (variante 1)

Questo marcatore descrive l’insulino-resistenza, in particolare la diffusione dell’insulino-resistenza verso il fegato. Il rapporto deve essere inferiore a 1 quando i lipidi sono misurati in mg/dl. Tale marcatore clinico dipende in larga misura dalla costanza con cui si segue una dieta antinfiammatoria (a basso contenuto di zuccheri, grassi cattivi e prodotti trasformati).

Rapporto AA/EPA: il marcatore degli acidi grassi omega 3 (variante 2)

Questo marcatore clinico descrive il rapporto tra l’inizio e la risoluzione dell’infiammazione. L’intervallo ideale è compreso tra 1,5 e 3, valori rispettati in gran parte della popolazione giapponese, mentre in Europa è in media pari a 18. Questo marcatore dipende fortemente dalla percentuale di acidi grassi omega 3 nella dieta.

HbA1c (glicoglobina): Il marcatore del valore dei polifenoli (variante 3)

Questo indicatore descrive il controllo a lungo termine della concentrazione di glucosio nel sangue. Il livello di HbA1c dovrebbe essere del 5%, il che corrisponde a una lunga aspettativa di vita. Esso dipende dalla percentuale di polifenoli presenti nella dieta, i quali aiutano a prevenire il legame ossidativo tra glucosio e proteine.

 

I tre "marcatori di zona" forniscono anche informazioni sul benessere - e il benessere è, in tal caso, la definizione della capacità di controllare l’inizio e la risoluzione dell’infiammazione. L’obiettivo della medicina del XXI secolo dovrebbe essere quello di mantenere e migliorare il benessere, non solo di trattare i sintomi delle malattie croniche. Con una dieta antinfiammatoria, tuttavia, è possibile fare entrambe le cose.

 

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